
Il tesoro di Aristide
Questa storia è il risultato della rielaborazione di tre storie diverse, ma tutte ambientate nella campagna romagnola dei tempi passati. È stata raccontata nell’aia della Sfojeria, nel luglio del 2019, in occasione di un apericena con storie, sul tema della vita contadina.
Un po’ di tempo fa, non molto lontano da qui, viveva il contadino Aristide con sua moglie, la Malvina. Avevano avuto cinque figli.
“Adess pu basta”, disse Aristide alla Malvina quando nacque Quinto, “an’avem i baiocc par tot sti fiul, a sem di purett !”
Non avevano tanta fantasia per i nomi, in campagna, così li chiamarono Primo, Secondo, Terzo eccetera….
“E va beh, alora a ciudem e ssraj!” sentenziò la moglie, quasi rincuorata.
Aristide aveva sentito parlare di un tesoro che chissà da quanto, era sepolto tra le colline li intorno e per anni aveva trascorso la vita a coltivare quel fazzoletto di terra attorno casa e a cercare sto tesoro!
Un giorno d’estate, che avevano appena raccolto quel pochino di grano, Tide e la Malvina si riposavano sotto l’ombra di un bel gelso. Tirava un arietta birichina e la cicale cantavano che pareva un concerto.
Tide si avvicinò alla Malvina e abbracciandola le disse: “Dai , ven ique’ c’a fasem quicustina!!”
“Mo va là, Tide, lasa ste’…”
“Dai che sto attento…”
E fu così che in primavera nacque il sesto figlio e lo chiamarono Basta.
Tide però pensava sempre a quel tesoro perché erano così poveretti, che a volte, nelle notti di luna piena, andava con tutti suoi figlioli a rubare i pali delle vigne, una collina più in su , in quel podere grande di un ricco signore, per avere un po’ di legna da bruciare e cuocere nel camino quel poco che c’era e scaldarsi
E questo non gli garbava affatto !
Aristide continuo’ a cercare il tesoro e visto che i figli più grandi gli davano del matto, appena Basta fu grandicello, decise di portarlo con se nella sua ricerca.
Sapeva di sicuro, che nei pressi di certe grotte, non troppo lontano da li, era sepolta una marmitta piena di pietre preziose e, desideroso di impossessarsene decise di andare a cercarla.
Tide e Basta partirono di buon mattino, con la Malvina che non finiva più di dire:
“T’ci un insanse’…in da vet cun che basterd??!!…”
Ciò nonostante mise pane e formaggio nella loro bisaccia sdrucita e i due se ne andarono.
Giunti che furono presso la grotta indicata, una strana donna si avvicinò loro con occhi stretti e velenosi.
“Cosa cerchi qui, Aristide??”
“A voj e tesoro!! AJho sii fiul da tire’ so’ !”
“Il tesoro lo troverai, ma devi lavorare senza mai staccare gli occhi da terra, mai, altrimenti tutto svanirà!”
Così dicendo la donna afferrò Basta e Tide comincio’ a scavare come un matto nel punto segnato.
La strega aveva legato Basta e minacciava di picchiarlo col bastone.
“Come ti chiami?”
“Basta, Basta”
“Ma se non ho ancora iniziato” replico’ la donna.
Intanto Aristide scavava alacremente incurante delle grida terrorizzate del figlio, finché ad un tratto, sentì in badile battere in qualcosa di grosso.
Ma in quella, il bambino gridò ancora più forte,
“Babbo, babbo… la strega mi vuole cavare gli occhi… aiutami ti prego!”
Allora Tide, che stava di nuovo alzando il badile non poté più trattenersi e lo lancio’ in aria gridando.
“Basta cosi!,”
In quel l’attimo la fata si trasformò in un vortice di petali di rosa e spari’ nell’aria, il bambino si liberò e il padre corse ad abbracciare il suo figliolo.
“BASTA, BASTA CHE SEI VIVO…”
Così disse Tide e subito la marmitta si aprì e mille diamanti andarono ad incastonarsi nel soffitto della grotta.
Tide, che ora sapeva quale era il suo tesoro, prese la strada di casa col figlio.
Solo qualche giorno dopo, si accorse che una pietra preziosa era volata nella sua bisaccia e fu d’aiuto per tutta la famiglia per far studiare i ragazzi che continuarono a lavorare nei campi.
Ancora oggi esiste una grotta detta delle fate, proprio tra i calanchi , con la volta che brilla come di stelle…
Larga la foglia, stretta la via
Dite la vostra che ho detto la mia.