
Storia del bambino che imparò a suonare il violino
Questa storia è tratta da un episodio realmente accaduto e raccolto oralmente dalla voce del protagonista. E' stata poi raccontata presso il Metamuseo Girovago nell'edizione 2021.
A Cagliari viveva una famiglia con otto figlioli.
Elia era il quarto ed era felice di avere dei fratelli più grandi che gli insegnavano molte cose da grandi e altri più piccini a cui poteva insegnarne lui stesso cose da grandi.
Era un bambino molto vivace e, come a tutti i bambini, gli piaceva soprattutto giocare. Amava tutti i giochi: aveva imparato presto a nuotare e si divertiva un mondo a giocare nell’acqua o sulla spiaggia con i fratelli e gli amici. Gli piacevano i giochi di strada, come il pallone, il salto alla corda, guardie e ladri, nascondino e moltissimi altri.
Avrebbe giocato tutto il santo giorno, ma si doveva andare a scuola e questo gli piaceva meno, tutte quelle ore seduto nel banco, fermo, immobile ad ascoltare la voce del maestro che gli faceva venir sonno, erano una vera tortura. Poi, nel pomeriggio, si dovevano fare i compiti e studiare le lezioni e questo era anche peggio, una noia mortale. Spesso si distraeva e pensava ai giochi che avrebbe potuto fare e il maestro lo rimproverava richiamando la sua attenzione
Fu così che in seconda media fu bocciato.
Non venne sgridato, né messo in castigo e neppure gli venne tolta la mancetta settimanale, gli dissero soltanto: “Vedi Elia, ora ti toccherà ripetere l’anno.”
Un giorno il padre lo chiamò e gli disse che sarebbero andati a fare una passeggiata.
Era un fatto insolito, ma gli sembrò ancora più strano che il padre prendesse la strada per il porto.
Elia fece al padre molte domande per cercare di capire che intenzioni avesse, ma non ne ricavò nulla.
Arrivati al porto, Elia vide che si stavano dirigendo verso il peschereccio di un conoscente di suo padre che era lì ormeggiato e quando furono vicini il padre si mise a urlare: “Marcoo! Marcoo! Sono qui, te l’ho portato!”
Elia si chiese cosa ci faceva lui lì con suo padre e che cosa doveva portare suo padre a Marco se non aveva nulla nelle mani, ma venne distratto dai suoi pensieri quando giunse la risposta di Marco: “Bene, salite pure, vi stavo aspettando!”
“Andiamo!” Disse il padre ad Elia.
C’era una lunga asse in salita, che collegava il molo al ponte del peschereccio, con una corda da una parte per attaccarsi. Iniziarono a salire, ma man mano che proseguivano lungo la passerella si sentiva un gran puzzo di pesce marcio.
Il ragazzo se ne lamentò, disse che gli veniva la nausea, il voltastomaco, gli mancava l’aria, ma il padre continuava a salire imperterrito come se lui non sentisse quella puzza tremenda.
Elia lo tirava per una manica, cercando di farlo tornare indietro, ma lui girandosi gli disse: “Non ti preoccupare Elia, vedrai, ti ci abituerai presto!”
A quelle parole il disegno paterno fu subito chiaro ad Elia che si vide costretto, da lì in poi, ad andare ogni notte in mare col peschereccio di Marco e condannato a sentire quella puzza per il resto dei suoi giorni.
Intanto erano arrivati sul ponte del peschereccio. Elia si attaccò con entrambe le mani al braccio paterno e con tutta la forza che aveva cercò di fermarlo e quando finalmente ci riuscì, implorò il padre: “Ti prego, ti prego, ti prego, non mi mandare a lavorare sul peschereccio, preferisco morire che sentire questa puzza, ti prometto che da ora in poi studierò sempre e farò tutto quello che vuoi, ma sul peschereccio no, ti prego!”
Il padre che di lavoro faceva il bibliotecario nel conservatorio di musica, gli chiese a bruciapelo quale strumento avrebbe voluto imparare.
Elia disse che gli sarebbe piaciuto il violoncello, era il primo strumento che gli fosse venuto in mente.
“In questo momento non abbiamo un insegnante di violoncello, dovrai accontentarti del violino” Ribadì il padre.
Elia non ci pensò un solo secondo e rispose subito che il violino andava benissimo, terrorizzato all’idea che il padre ci potesse ripensare. Effettivamente da quel giorno si mise a studiare il violino con molto impegno, dapprincipio solo per far contento il babbo, ma col tempo venne anche la passione e si impegnò fino a prendere il diploma.
Entrò a suonare nell’orchestra e successivamente divenne, a sua volta, un ottimo insegnante. Riusciva a sentire l’animo dei ragazzi e li aiutava a trovare dentro di loro il piacere di suonare lo strumento, il piacere di dialogare con la musica, il piacere di comunicare attraverso la musica.